Bernardo Albanese.

Cartina dell'Italia

Dizionari Enciclopedia Storia Link utili Down

Linea flashing backefro

Albanese, Bernardo.

Giurista italiano. Ha insegnato Storia del diritto romano (1951) e Istituzioni di diritto romano (1956) all'università di Palermo. Risultano particolarmente interessanti i suoi studi sulla "Lex Aquilia" e sulla nozione romana del "furtum" nella sua evoluzione storica. Tra le sue opere principali ricordiamo: La successione ereditaria in diritto antico (1949); Studi sulla legge Aquilia, I e II (1951); La nozione del "furtum" da Nerazio a Marciano (1957); Actio servi corrupti (1959); La sussidiarietà nell'«actio de dolo» (1961); La struttura della "manumissio inter amicos". Contributo alla storia dell'«amicitia» romana (1963) (Palermo 1921-2004).

Linea flashing backefro

Linea flashing backefro

-^

Sinonimi

giurista

(s.m.f.), esperto di diritto, giureconsulto, giurisperito.

giurisperito

(s.m. Giurista), avvocato, giureconsulto, giurista.

Vocabolario

esperto.

(agg.), 1 che ha esperienza di vita e del mondo. 2 che ha acquisito esperienza in un dato campo: - guidatore - in problemi sociali. 3 (s.m.), persona esperta in un dato campo: - legale.

Inglese

expert

Francese

expert

Tedesco

erfharen

Diritto.

Il complesso delle norme giuridiche, considerate nel loro insieme o nei loro particolari raggruppamenti, che regolano i rapporti sociali determinando ciò che è lecito, vietato od obbligatorio. ║ Scienza che si occupa dello studio di tali norme. ║ Facoltà o pretesa, riconosciuta e tutelata dalla legge, di esigere dagli altri un determinato comportamento attivo od omissivo. ║ Per estens. - Facoltà o pretesa, legittimata da validi motivi. ║ Di d.: per legge. Locuzione talvolta contrapposta a di fatto. ║ D. erariali: tributi dovuti dal cittadino allo Stato o ad altro ente pubblico. ║ Compenso dovuto ad enti o a privati, per la prestazione di un servizio. ║ D. d'autore (V. AUTORE, DIRITTO D'.) ║ Filosofia del d.: scienza che studia il concetto assoluto del d., indagandone i fondamenti, la natura e i rapporti che intrattiene con l'etica e la politica. Spesso la filosofia del d. coincide con le dottrine giuridiche dei vari filosofi. ║ Dottrina del d.: scienza che studia il d. positivo. ● Encicl. - Il concetto generale di d. assomma in sé una nozione di oggettività e una di soggettività. Per d. oggettivo (o positivo) si intende l'estrinsecazione dell'attività ordinatrice del corpo sociale in un complesso normativo. Esso rappresenta il corpo giuridico effettivamente posto in atto in un dato contesto e come tale vigente nel suo ambito. Ogni singola norma del d., che agisce sui suoi destinatari sia come movente sia come regola del libero volere, stabilisce il principio ipotetico per cui ad una data fattispecie segue sempre un determinato effetto. I caratteri propri della norma giuridica sono: 1) generalità, in quanto è valevole per ogni fattispecie corrispondente a quella paradigmatica per cui la norma stessa è stata emessa; 2) imperatività, relativa alla modalità della comunicazione del merito della norma; 3) coattività, cioè capacità costrittiva esercitata nei confronti dei destinatari mediante la minaccia di una punizione. Il d. oggettivo si divide in due categorie generali. Il d. pubblico riguarda lo status rei publicae, le sue norme cioè regolano la funzione e l'organizzazione dello Stato e quella degli enti pubblici; a sua volta comprende il d. amministrativo, costituzionale, finanziario, processuale, penale. Il d. privato, invece, disciplina i rapporti fra singoli cittadini e quelli fra i singoli e lo Stato o suoi enti che non esplichino però funzioni di potere politico e sovrano; a sua volta comprende il d. civile, commerciale, agrario, industriale, marittimo. Per d. soggettivo, si intende l'insieme delle facoltà, accordate ai singoli dalle norme giuridiche positive, di esigere una determinata condotta da altri. Per le esigenze sistematiche, dunque, costituisce una categoria unitaria comprendente sia i rapporti fra singoli sia quelli fra singoli e pubblica amministrazione. In relazione al loro contenuto i d. soggettivi possono essere trasmissibili o intrasmissibili (quando siano o meno idonei ad essere trasferiti da un soggetto ad un altro), disponibili o indisponibili (quando il soggetto titolare può farne oggetto di atti di disposizione o no), patrimoniali o non patrimoniali (quando siano valutabili o meno in denaro). I d. potestativi, infine, consistono nel potere del titolare di produrre un effetto giuridico mediante l'espressione di una propria volontà (per esempio la citazione in giudizio) coinvolgendo altre persone che, pur non essendo tenute a prestazioni, debbono però soggiacere a tale effetto. La relazione fra il titolare di un d. soggettivo e la figura cui corre l'obbligo di corrispondervi rappresenta un rapporto giuridico. ● St. del dir. - Nelle prime comunità primitive, il d. coincideva in pratica con regole di comportamento volte a mantenere un equilibrio magico-sacrale, garanzia di prosperità. Solo nell'ambito delle prime culture urbane, in seguito alla differenziazione dei compiti di produzione e alla stratificazione sociale e di potere, si ebbero vere e proprie norme giuridiche corredate dalle relative sanzioni. Tali norme, in quanto trasmesse oralmente in forme di massima, si consolidarono in una sorta di d. popolare, rappresentato dalle consuetudini e dagli usi delle singole comunità. Solo con la scrittura si passò da singole massime ad una legislazione e si poté individuare la figura del legislatore da una parte e del giudice dall'altra. Il d. imposto dall'autorità, in fertile competizione con quello scaturito dall'esperienza del popolo, fu il motore nell'evoluzione delle istituzioni. Inoltre, con l'affermarsi di un potere politico distinto da quello religioso, a poco a poco anche il d. cessò di essere una mera applicazione dell'ideologia religiosa vigente per assumere una natura schiettamente civile e sociale. Il celeberrimo Codice di Hammurabi è il primo esempio di autonomia del d. rispetto alla sfera religiosa. Il d. greco fu essenzialmente di ambito cittadino, per cui ogni polis ebbe due leggi e suoi magistrati, ma sono riconoscibili linee guida comuni soprattutto nel d. privato ed in quello commerciale. Tuttavia fu il d. romano a unire la profondità del pensiero giuridico all'efficacia dell'organizzazione e delle istituzioni, influenzando la filosofia e la forma del d. fin oltre il Rinascimento, ampliando il campo dello jus naturale con lo jus civile e lo jus gentium. Con il tramonto della potenza romana, in Europa si svilupparono nuovi istituti fonte di d., che rimasero però sotto l'influenza sostanziale e formale della tradizione giuridica romana: si pensi all'intero d. longobardo o alla produzione giuridica del Medioevo europeo. Ancora nel Rinascimento fu il d. romano ad essere studiato e applicato come d. comune. Solo con la Rivoluzione francese si operò una definitiva frattura che segnò la fine dell'applicazione pratica delle tradizioni giuridiche romane e contemporaneamente portò alle prime compilazioni di Codici nazionali che furono alla base dei nascenti Stati moderni. La nuova produzione giuridica, il cui primo esempio fu il Codice di Napoleone, non si basava più sulle fonti consuetudinarie ma sulla legislazione dello Stato e sulla modalità codificatoria. Tradizionalmente opposto al d. romano è quello anglo-americano, le cui radici affondano nella normativa anglosassone iniziatasi in Inghilterra durante l'XI sec. La Common Law (V.) di matrice normanna si differenziò dal filone romanista della Civil Law, ponendosi rispetto alle normative locali precedenti come legge del re, cui tutti potevano fare ricorso in tutto il regno, prescindendo dalle istituzioni particolari. Attraverso i secoli caratteristica fondamentale del d. anglosassone restò la sua origine ed evoluzione non dottrinale ma legata all'esperienza viva processuale. Si tratta di un d. giurisprudenziale che si distingue dalla tradizione romanista dell'Europa continentale (in cui la dottrina elabora principi generali a prescindere da casi specifici cui viene successivamente applicata) in quanto i suoi orientamenti sono dati dalle sentenze emesse, la cui applicabilità viene valutata caso per caso e caso per caso modificata. ║ D. dell'uomo: tutte quelle situazioni giuridiche ritenute fondamentali per l'esistenza della persona umana e tali da non poter essere negate, compresse od ostacolate nella loro realizzazione dallo Stato. Si possono sommariamente distinguere in: d. politici, civili, economici e sociali. Essi sono volti a tutelare: 1) l'esistenza individuale nella sua integrità (contro cioè l'uccisione, la tortura, la mutilazione, la schiavitù, la privazione della libertà di coscienza, di espressione, di religione); 2) la sicurezza rispetto ai bisogni essenziali (lavoro, giusto salario, giusto riposo, salute, abitazione, istruzione); 3) l'eguaglianza fra gli individui (contro le discriminazioni di razza, sesso, lingua, religione, opinione, condizione sociale); 4) l'esercizio paritario dei d. politici (d. elettivi attivi e passivi, libertà di associazione, elezioni libere, periodiche e con segretezza del voto). La necessità di affermare i d. dell'uomo come universali e irrinunciabili è evidente fin dai primi ordinamenti statali che videro la luce, influenzati dalla cultura illuministica, nell'età moderna. Il Bill of Rights americano del 1775 e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino francese del 1789, poi premessa alla Costituzione del 1791 (da cui trassero ispirazione tutte le costituzioni degli Stati liberal-democratici moderni), ne sono la testimonianza. Col tempo tali affermazioni generali, che avevano carattere di premessa al corpus normativo vero e proprio, assunsero contenuti più concreti e puntuali fino a raggiungere efficacia precettiva: primo esempio in tal senso fu la Costituzione belga del 1831, mentre la Costituzione italiana del 1948 rappresenta una delle più alte realizzazioni di concreta protezione giuridica al godimento e all'esercizio dei d. dell'uomo. Dopo la seconda guerra mondiale, in seguito al riscontro di tali e tante violazioni contro l'umanità, la tutela dei d. dell'uomo è stata affidata in particolare al maggior organismo di rappresentanza della comunità internazionale, l'ONU. Nel 1948 l'Assemblea delle Nazioni Unite ha approvato la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo che, benché e purtroppo priva di effetti obbligatori, in quanto raccomandazione internazionale esercita potere di indirizzo rispetto alle codificazioni dei singoli Paesi firmatari. Essa è costituita da un preambolo e da trenta articoli che sviluppano l'affermazione dell'art. 1: "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e d. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza". In particolare sono specificati il d. "alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona"; la libertà dallo "stato di schiavitù e di servitù", le garanzie contro la "tortura e le punizioni crudeli, inumane o degradanti"; il d. al "riconoscimento della personalità giuridica", all'eguaglianza dinanzi alla legge e contro l'arresto e la detenzione arbitrari; il d. per ogni individuo accusato di un reato di essere "presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto le garanzie necessarie per la sua difesa"; il d. "alla libertà di movimento e di residenza"; il d. di asilo politico e di cittadinanza; l'uguaglianza dei d. tra uomo e donna nel matrimonio e all'atto del suo scioglimento; il d. di proprietà; il d. di "libertà di pensiero, di coscienza e di religione"; il d. alla "libertà di opinione e di espressione, incluso quello di diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo"; il d. alla "libertà di riunione e di associazione"; il d. di partecipare alla vita politica del proprio Paese e, infine, il d. alla sicurezza sociale, al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, allo sciopero, all'istruzione, alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità e vecchiaia. Alla Dichiarazione si ispirarono anche la Convenzione per la salvaguardia dei d. dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottata nel 1950 dagli Stati membri del Consiglio d'Europa ed entrata in vigore nel 1953. Essa fa obbligo agli Stati aderenti di garantire il rispetto dei d. e delle libertà enunciate. A salvaguardia di tali d. e libertà sono stati istituiti due appositi organismi: la Commissione europea per i diritti dell'uomo e la Corte europea per i diritti dell'uomo. Alla prima possono ricorrere le persone e i gruppi che si ritengano lesi rispetto ai principi enunciati dalla Convenzione ed abbiano esaurito le vie di ricorso nazionali; alla seconda possono invece ricorrere solo gli Stati e la Commissione stessa. La più recente e significativa occasione di dibattito e risoluzione relativa alla tutela dei d. dell'uomo è stata la conferenza sulla sicurezza e la cooperazione tenutasi ad Helsinki (V. HELSINKI, CONFERENZA DI) fra il settembre 1973 e l'agosto 1975, cui parteciparono 35 Paesi compresi USA e URSS. Al termine è stato sottoscritto un atto finale, la Carta di Helsinki, in cui i firmatari si impegnavano al "rispetto dei d. dell'uomo e delle libertà fondamentali incluse quelle di pensiero, coscienza, religione e credo". ║ Associazioni internazionali per la difesa dei d. dell'uomo: in aggiunta agli enti creati a tale scopo dal d. internazionale, sono sorte associazioni e gruppi di azione e di pressione sostenuti da liberi cittadini che intendono contribuire all'affermazione dei d. dell'uomo. Ricordiamo, oltre alla Lega internazionale per la difesa dei diritti dell'uomo, il Tribunale Russel e Amnesty International (V. SINGOLE VOCI).

Linea flashing backefro

Linea flashing backefro

-^

Giureconsulto.

L'esperto del diritto, colui il quale, avendo compiuta conoscenza delle disposizioni legislative in una o più branche delle discipline giuridiche, ne fa oggetto d'insegnamento o di trattazione scientifica, di consulti o di decisioni, contribuendo al progresso delle discipline medesime. In Roma i g. avevano una considerevole posizione sociale e politica. Svolsero anche un'attività propriamente scientifica, da cui trasse origine l'insegnamento. Quando poi il g. era in funzione di pretore, allora la sua opinione si trasfondeva nell'editto. All'epoca dell'Impero ebbero anche riconoscimenti ufficiali: Augusto rese pubblico l'ufficio di g. In epoca di decadenza, Teodosio II attribuì addirittura forza di legge alle dottrine dei maggiori g., quando fossero concordi; alla maggioranza, in caso di disaccordo, e, in caso di parità, all'opinione di Papiniano. Da questo momento, l'opinione dei g. diviene fonte di diritto, e a questa comune coscienza s'ispirò la codificazione giustinianea, il cui Digesto ebbe l'aspetto di codice. I g. conservarono una posizione di prestigio anche dopo la caduta di Roma, e ancora più nel basso Medioevo, quando furono chiamati a coprire le maggiori cariche pubbliche, a compilare gli statuti comunali e le leggi di monarchie e principati, a partecipare come ambasciatori alle trattative internazionali, a dare pareri nelle contese con l'Impero. Ma il loro parere ebbe sempre valore consultivo.

Linea flashing backefro

Guadagnare navigando.

Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi.

Guadagnare acquistando online.

Linea flashing backefro

-^

Avvocato.

(dal latino advocare: chiamare presso di sé). Professionista al quale spetta il compito di difendere la parte in giudizio. L'attuale figura dell'a. che rappresenta e difende la parte in un processo è il risultato di una lunga evoluzione storica che ha avuto i suoi momenti più felici nella Roma repubblicana (con l'advocatus per i processi penali, il procurator e il cognitor per quelli civili). Nel periodo comunale (quando la categoria si organizzò autonomamente all'interno dei Comuni), iniziarono a distinguersi nel senso moderno le due figure dell'a. e del procuratore, e il diritto a farsi rappresentare in giudizio si estese a tutti i cittadini per i processi civili; per l'analogo diritto nei processi penali bisognerà aspettare il 1500. Nei secc. XVII e XVIII la professione dell'a. risentì fortemente della mancanza di regolamentazioni adeguate e di una codificazione e si dovette attendere fino all'epoca della Rivoluzione francese perché la professione tornasse ad assumere l'importanza di un tempo e nei vari Stati italiani si regolamentassero gli interessi della categoria, della giustizia e della clientela. Infine, con l'unità d'Italia furono promulgate delle leggi (nel 1865, 1874, 1926) che regolarono la materia sancendo alcuni principi conservati fino ai nostri giorni, tra cui la distinzione della professione dell'a. da quella di procuratore, l'iscrizione dei professionisti in appositi albi, l'obbligatorietà dell'esame di Stato per i procuratori. Il procuratore e l'a. sono tuttora due figure distinte: il primo rappresenta la parte nel processo, compiendo tutti quegli atti che la parte stessa dovrebbe compiere, mentre il secondo in pratica difende, servendosi di argomentazioni giuridiche, la pretesa della parte o la posizione dell'imputato. Il procuratore non può esercitare al di fuori della circoscrizione della propria corte d'appello, mentre l'a. può assumere la difesa di ogni cittadino, in ogni parte del Paese. I requisiti indispensabili per l'esercizio della professione sono la laurea in Giurisprudenza, la pratica biennale per poter sostenere l'esame di Stato e l'iscrizione all'albo; sono istituite corporazioni professionali (ordini) di a. e procuratori di cui fanno parte tutti gli iscritti ai diversi albi. La legge 24 luglio 1985 n. 406 ha ulteriormente innovato la materia relativa all'attività forense, specialmente quella del procuratore legale.

Stòria.

(dal latino historia, calco del greco historía: ricerca, indagine; derivati della radice indoeuropea con significato: vedere). Ordinato racconto di fatti ed eventi del passato, basato sulle risultanze di un'indagine volta ad appurarne il reale svolgimento, le cause, gli effetti e le eventuali connessioni che determinano uno sviluppo unitario. In questa accezione s. è talvolta contrapposta a cronaca, narrazione sì fattuale, ma in un'ottica meramente descrittiva, senza obiettivi di contestualizzazione, valutazione o spiegazione. ║ Il complesso stesso delle vicende umane che sono oggetto di indagine e poi di esposizione. ║ In senso lato, narrazione di fatti di ordine militare, politico, economico, sociale, ecc. Il termine è di norma delimitato mediante specificazioni: s. antica. ║ Descrizione di qualsiasi fatto o evento umano soggetto a evoluzione: s. della lingua. ║ Disciplina oggetto di insegnamento scolastico. ║ Con accezione generica, qualunque successione di eventi, anche su scala circoscritta o personale, oggetto di un racconto ordinato: la s. del quartiere. ║ Racconto di una vicenda, di una serie di avvenimenti, veri o immaginari: la s. di Biancaneve. ║ Questione, faccenda: si tratta di un'altra s. ║ Al plurale, problemi, complicazioni, sotterfugi: mi ha fatto un sacco di s.S. sacra: la narrazione contenuta nelle Sacre Scritture. ║ S. naturale: il gruppo di discipline che studiano i tre regni della natura (animale, vegetale e minerale) considerate nel loro insieme e secondo il loro aspetto descrittivo. ║ Padre della s.: locuzione riferita a Erodoto (V.), in quanto primo storiografo che intese la propria opera, secondo il valore etimologico del termine, nel senso della conduzione e dell'esposizione di un'indagine in merito a fatti. ║ Musa della s.: Clio, la prima delle nove Muse (V. MUSA). • Encicl. - Il termine s. ha in sé un'ambiguità originaria, dal momento che esso è utilizzato per indicare sia il racconto ragionato di una serie di eventi (e la disciplina scientifica che sovrintende tale attività) sia il complesso stesso di quei fatti e, nell'accezione più ampia, l'autocoscienza che la civiltà umana ha del proprio divenire. Attualmente però è prevalsa la consuetudine di recepire il primo gruppo di significati nel vocabolo storiografia (V.) e il secondo come effettivo contenuto del termine s., includendovi la valenza più propriamente filosofica, che collega il concetto alla domanda sul senso del divenire delle civiltà. La centralità del momento speculativo per quanto riguarda la ricerca storica (l'importanza cioè della metadomanda sulla s. che lo studioso si pone nel momento in cui indaga su di essa) risulta evidente, per contrasto, dalla convenzionale distinzione cronologica e disciplinare che si opera tra s. propriamente detta e preistoria, essendo quest'ultima definita non certo dall'assenza, nell'arco di tempo ad essa attribuita, di fatti ed eventi rilevanti per la specie umana, ma piuttosto per la mancanza di documenti ad essi relativi, per la mancanza cioè di un'attività di presa d'atto o di autoriflessione riferibile ai fatti medesimi. ║ Il concetto di s. nel pensiero occidentale: rifacendosi alla naturale circolarità del tempo stagionale, che annualmente ritornava sui propri passi, le filosofie classiche interpretarono le vicende umane secondo una concezione ciclica della loro scansione: la s. si configurava come l'eterno ritorno dell'identico, una ripetizione periodica e infinita che escludeva qualsiasi pretesa di novità. Questo modello includeva al suo interno l'interpretazione della s. come decadenza: ad esempio, la mitopoiesi di Esiodo sostanziava la visione circolare distinguendovi diverse età. Esse erano: quella dell'oro, in cui gli uomini vivevano come dèi; quelle dell'argento, del bronzo e degli eroi, che scandivano il progressivo declino, con la comparsa di fatica e malattia; quella degli uomini, al termine della quale l'universo fisico sarebbe stato distrutto per rinnovarsi e con esso la s. umana. L'idea del ciclo storico si tradusse, sul piano storiografico, in una lettura degli eventi come frutto del passato o come anticipazione del futuro: lo stesso Tucidide affermava che la sua opera aveva non solo lo scopo di chiarire il passato, ma anche di anticipare mediante quello i fatti che si sarebbero ripetuti in futuro in modo uguale. Solo Aristotele si distanziò in parte da tali intenti paradigmatici, affermando che lo storico doveva occuparsi degli individui e delle vicende da essi vissute nella loro individualità e particolarità, al contrario dell'arte che si occupa di tipi ideali e della filosofia che si occupa degli universali. ║ Già il pensiero veterotestamentario, che affermava da un lato la trascendenza di Dio e dall'altro il suo intervento nelle vicende del popolo di Israele, aveva evidenziato la profonda incompatibilità della fede in un Dio salvatore con l'idea del riproporsi ciclico di epoche ed eventi sempre uguali a se stessi. La tensione escatologica del Cristianesimo scalzò definitivamente la visione classica, sostituendo alla circolarità la linearità della s., scandita da momenti unici e irrepetibili che si situano tra i nodi cruciali della creazione, della redenzione e della fine del mondo. A ciò si aggiunse la nozione di provvidenzialità (V. PROVVIDENZA e PREDESTINAZIONE), secondo la quale Dio stesso realizza nelle vicende umane un disegno: la s. si configura perciò nella concezione cristiana come attuazione progressiva della volontà provvidenziale di Dio, che è fonte della qualità e dell'unicità delle epoche, dei popoli e delle civiltà. Ogni momento storico (secondo quanto per primo esplicitò Agostino) acquisisce il proprio significato dal fatto di essere parte di questo progetto in fieri, che rivela e incarna l'opera della provvidenza. Tale convinzione fu variamente ma costantemente interpretata nel corso di tutto il Medioevo; in particolare, nello stesso modo in cui aveva costituito il fondamento delle credenze millenariste (V. MILLENARISMO), fu posta alla base delle predicazioni apocalittiche dei movimenti ereticali (si pensi ai dolciniani) o dei grandi mistici come Gioachino da Fiore (V.) o Ubertino da Casale (V.). ║ Durante Umanesimo e Rinascimento, la nozione filosofica della s. subì un processo di laicizzazione: la successione degli eventi venne letta secondo la chiave interpretativa di leggi interne ad essi. Con l'Illuminismo, la fiducia nella ragione umana portò a concepire la s. come progresso: tale progresso tuttavia doveva essere pensato come problematico e non come necessario o inevitabile, dal momento che un progresso necessario avrebbe finito per coincidere nuovamente con una visione provvidenziale, in cui ogni momento storico sarebbe stato in sé perfetto perché indispensabile nella realizzazione dell'insieme finale. L'idea illuminista intese invece il progresso come l'avvicinamento in tappe discrete (di momento in momento) a un modello, una norma, un ideale di riferimento, riconosciuto nel pieno dispiegarsi della ragione nelle azioni e nella cultura dell'uomo. La s. non contemplava tuttavia la possibilità di uno stadio di perfetta realizzazione dell'ideale (come invece, ad esempio, era accaduto nel Rinascimento che aveva giudicato modello di perfezione l'età classica), poiché ciò avrebbe significato la fine del progresso e perciò della s.: quest'ultima veniva così a definirsi come il processo di continua riduzione dell'imperfezione. Le diverse epoche e civiltà cominciarono quindi a essere considerate come momenti unici e peculiari degni di analisi, in cui rintracciare i fattori di causa ed effetto che avevano comportato i successivi avanzamenti della s. umana. Di importanza capitale fu l'opera di Voltaire, che si valse di un metodo razionalistico nella disamina delle fonti e delle notizie, ampliando contestualmente la sua indagine sia in senso cronologico sia geografico, e rivendicò la plurilinearità della s. (fino ad allora basata sulle due sole tradizioni ebraica e classica) comprovando la rilevanza delle grandi civiltà orientali. ║ Particolarmente significativa fu la riflessione sviluppata da G.B. Vico, la cui Scienza nuova costituisce un momento fondante della moderna filosofia della s. A partire dalla tesi che il solo oggetto conoscibile in piena verità è quello che è stato creato dal soggetto che vuole conoscere, Vico affermò che la natura, in quanto creazione, poteva essere nota nella sua interezza solo a Dio, mentre la s. degli uomini, in quanto fatta da loro stessi, costituiva l'unico possibile e adeguato oggetto della conoscenza umana. Pur riproponendo in certo modo la nozione di ciclicità sotto la forma di un paradigma entro cui tutte le Nazioni e i popoli devono passare, il filosofo vi coniugò l'idea di progresso: le età che in epoca classica si succedevano in ordine di decadenza, furono disposte da Vico secondo il flusso di una naturale evoluzione, nel corso della quale gli uomini (che "prima sentono senza avvertire, poi avvertiscono con animo perturbato e commosso, finalmente riflettono con mente pura") svilupparono prima una civiltà basata sul senso, poi sulla fantasia e infine sulla ragione. Che questo percorso dalla barbarie alla civiltà razionale si ripeta più volte nella s. è possibilità prevista dalla filosofia vichiana, ma non necessità intrinseca: i ricorsi storici si verificano infatti in quanto la civiltà e la razionalità sono conquiste precarie e non garantite ed esse, quando vadano perdute, devono essere riconquistate dai singoli popoli. ║ La concezione illuministica di progresso storico subì una caratterizzazione immanentista, che ne stabiliva la necessità e il finalismo. Tipica espressione di questa impostazione fu il sistema hegeliano, fondato sul presupposto della necessità dello sviluppo dello Spirito assoluto nelle istituzioni storiche. Anche B. Croce si pose sulla medesima linea, affermando che la s. consiste in uno sviluppo dal bene al meglio, in un processo necessario di realizzazione dello Spirito; quest'ultimo infatti e non l'uomo è, nel sistema crociano, il soggetto attivo della s. Per quanto riguarda infine il materialismo storico marxista (V. MARX, KARL), esso è ascrivibile a buon diritto al novero delle concezioni necessaristiche, dal momento che l'evoluzione dello scontro di classe verso una società di eguali è giudicato inevitabile.

Diritto romano.

INTRODUZIONE

Diritto romano L'ordinamento giuridico dei romani così come si sviluppò a partire dalla legge delle Dodici Tavole (451-450 a.C.), il primo codice romano, fino alla morte di Giustiniano (565), imperatore di Bisanzio che ordinò la codificazione giuridica nota come Corpus iuris civilis (o anche Codice giustinianeo), posta alla base del diritto civile di gran parte dei paesi dell'Europa continentale.

IL DIRITTO ROMANO ARCAICO

Prima delle Dodici Tavole, il diritto romano aveva carattere religioso e la sua interpretazione era affidata a sacerdoti di estrazione patrizia. In seguito alla rivolta della classe meno abbiente dei plebei, le antiche consuetudini vennero però codificate assieme ad alcuni principi giuridici inediti in un nuovo codice, approvato dall'assemblea popolare e considerato fonte del diritto pubblico e privato. Il codice, che prevedeva norme adeguate a una società prevalentemente agricola, stabiliva inoltre l'eguaglianza tra patrizi e plebei. Il diritto romano di questo periodo, applicabile solo ai cittadini romani, è noto con il nome di jus civile.

LA DIFFUSIONE DEL DIRITTO ROMANO

Con l'espansione nel bacino del Mediterraneo, i romani sentirono l'esigenza di un ordinamento giuridico diverso, applicabile anche a chi fosse privo della cittadinanza romana. Questo nuovo diritto si formò progressivamente, tra il 367 a.C. e il 137 d.C., per opera dei pretori, magistrati incaricati di risolvere sia le controversie tra i cittadini sia le dispute tra cittadini romani e stranieri. Durante gli ultimi cent'anni della repubblica, le norme del nuovo ordinamento creato dal pretore per le cause tra romani e stranieri (il cosiddetto jus gentium) divennero infine applicabili anche alle controversie tra cittadini romani. Nel 212 d.C., data in cui la cittadinanza romana fu estesa a tutti gli abitanti dell'impero romano, la distinzione tra jus gentium e jus civile fu, quindi, superata e lo jus civile di Roma divenne il diritto dell'impero. A rendere uniforme il diritto nelle differenti province contribuirono la legislazione (del senato e dell'imperatore) e l'opera dei giuristi.

Il più significativo sviluppo del diritto romano di questo periodo fu l'introduzione dello jus respondendi, ossia il diritto, conferito dall'imperatore Augusto ai maggiori giuristi del tempo, di formulare risposte (in latino responsa), in forma di pareri tecnici, su questioni giuridiche controverse. Fra i più importanti giuristi del periodo, oltre a Gaio, si ricordano Papiniano, Paolo e Ulpiano, che rivestirono successivamente la carica di praefectus praetoria, equivalente nell'impero romano a quella di un attuale ministro della giustizia.

IL PRIMO CODICE UFFICIALE

L'imperatore romano d'Oriente Teodosio II.

Artefice del Codice teodosiano, l'imperatore resse il trono dal 408 al 450.

Nel diritto romano del III secolo le costituzioni degli imperatori assunsero progressivamente maggiore importanza e furono ufficialmente codificate nel Codice Teodosiano, emanato nel 438 da Teodosio II, imperatore di Bisanzio. Questi intraprese inoltre il progetto di una grande raccolta ufficiale del diritto romano più antico, progetto che fu portato a termine dall'imperatore Giustiniano I, il quale costituì un comitato scientifico di diciassette giuristi, diretti da Triboniano. L'opera di Giustiniano, nota come Corpus iuris civilis, è divisa in cinque volumi e raccoglie il Digesto o Pandette (530-533), che occupa i primi tre volumi, le Istituzioni (533), il Codice delle costituzioni (528-529; riveduto nel 534), le Novelle (534-565).

Il Digesto è una raccolta di frammenti di opere dei giuristi romani vissuti tra il 30 a.C. e il 300. Le Istituzioni, concepite per l'insegnamento ma pubblicate ufficialmente come leggi, contengono gli elementi del diritto romano e sono basate sulle Istituzioni del giurista Gaio. Le Novelle sono una raccolta di leggi emanate da Giustiniano e dai suoi successori. La versione riveduta del Codice delle Costituzioni è una raccolta completa della legislazione imperiale fino al 534 d.C.

Il diritto di Giustiniano rimase in vigore nell'impero bizantino fino al termine del IX secolo, quando fu redatta una sintesi in lingua greca, intitolata Basilica, a sua volta formalmente in uso fino al 1453, anno in cui i turchi presero Costantinopoli. Nell'Europa occidentale, tra il VI e l'XI secolo, la principale fonte del diritto romano fu invece il Breviario di Alarico, compilato da Alarico II, re dei visigoti, nel 506.

L'importanza dei libri di Giustiniano è stata tale che, ancora nell'XI secolo, erano oggetto di studio in Lombardia, nella Francia meridionale e a Barcellona. In Italia il codice giustinianeo veniva infatti insegnato all'Università di Pavia e all'Università di Bologna dove, agli inizi del XII secolo, s'inaugurò uno studio sistematico più approfondito del diritto romano, che da allora si diffuse in tutta Europa anche nei secoli successivi. Con la rinascita del commercio e la crisi del diritto medievale, inadeguato rispetto alle nuove condizioni economiche e sociali dell'Europa, il diritto romano fu incorporato negli ordinamenti giuridici di gran parte dei paesi dell'Europa continentale.

Linea flashing backefro

Linea flashing backefro

Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z

Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z

Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z

Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea

Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte

Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea

Storia Antica Storia Moderna

Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z

Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9

Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z

Linea flashing backefro

Translate Yandex.ru Translate Search Yahoo! Search in the USA Cerca con Google.it !

Buon Pomeriggio! ::::: Grazie per la visita!

w3c ^up^ Stats

TP Comuni

Copyright (c) 2002 - 24 Giu. 2025 4:14:54 pm trapaninfo.it home disclaim

TP Comuni

Richiesta inserimento Visitors

trapaninfo.it

Ultima modifica : 06/19/2025 12:51:10

Down @webmaster Up